Pensiero Teologico

L’Arte della Preghiera – da “L’Osservatore Romano” – 27-28 Dicembre 1980, p. 443-444

“Sarebbe desiderabile – scrive Teofane il Recluso, vescovo e scrittore spirituale russo (m. 1894) – che qualcuno raccogliesse le preghiere composte dai santi Padri; esse costituirebbero un vero manuale di salvezza” (cfr. Thomas Spidlik, La spiritualitè de l’Orient Chretien. Manuel systematique – Pontificium Institutum Orientalium Studiorum – Roma 1978, p. 1). Infatti gli antichi Padri non scrivevano manuali di ascetica e mistica, ma conosciamo i loro numerosi trattati sulla preghiera. L’Oriente cristiano è rimasto fedele a questa tradizione. QuaNdo lo stesso autore traduceva in russo il Combattimento spirituale di L. Scupoli, come già prima di lui fece in greco moderno Nicodemo l’Agiorita, si permise parecchie aggiunte proprio nel capitolo sulla preghiera. Era consapevole che la sua propria tradizione, in questo caso specifico, è più ricca e che bisogna seguire nell’orazione i metodi propri. In una lettera si lagna persino di essere stato costretto ad abbandonare un suo progetto di tradurre in russo un libro francese sulla meditazione; gli pareva che tutto il trattato si esaurisse con i ragionamenti e con le splendide riflessioni, ma che vi mancasse la sostanza, cioè l’elevazione del cuore: “Che cosa è la preghiera? La preghiera è l’elevazione dell’intelligenza e del cuore verso Dio, allo scopo di glorificarlo, di ringraziarlo, di domandare le grazie necessarie per l’anima e per il corpo. L’essenza della preghiera è quindi l’elevazione mentale a Dio che però esce dal cuore. L’intelligenza entra consapevolmente nel cuore, l’uomo comincia con l’aprire il suo cuore davanti a Dio con il rispetto doveroso. Ecco che cosa è la preghiera mentale! Ma così deve essere ogni orazione”.

Un giorno Teofane, vedendo nei giornali la caricatura di un uomo con la testa grande e con il corpo minuscolo, notò: “Ecco, l’uomo di oggi! Tutto la testa e niente il cuore”.

Non vogliamo decidere in quale misura le obiezioni del vescovo russo sono giustificate. Esse certamente non dovrebbero riguardare i grandi maestri di preghiera che anche in Occidente esigevano che le riflessioni, fatte nella meditazione, fossero accompagnate da un affectus sincero e trasformante le nostre disposizioni. D’altra parte però, ammettiamolo con sincerità, i libri di meditazione lasciavano proprio questo aspetto quasi totalmente alla iniziativa personale di chi medita, non era quindi fuori luogo il rimprovero di Teofane quando afferma che essi offrono molto nutrimento “per la testa e niente per il cuore”.

In questa situazione è comprensibile l’interesse sorto nei tempi recenti in Occidente per i metodi di orazione orientali e in specie per la “preghiera di Gesù”.

Scrive l’igumeno Caritone nella prefazione di L’arte della preghiera (a cura di Caritone di Valamo. Antologia di testi spirituali sulla preghiera del cuore – Presentazione dell’Archimandrita Callisto [Timoty Ware]. Introduzione di Enzo Bianchi – Gribaudi, Torino 1980 – pp. 288, L. 12.000): “Quando un monaco pronuncia i voti religiosi gli viene dato un rosario, che viene chiamato la sua spada spirituale, e impara a praticare la Preghiera di Gesù giorno e notte”. Dopo le numerose traduzioni dei racconti sinceri di un pellegrino russo, usciti in varie edizioni, anche in italiano, vi sono numerosi occidentali, desiderosi di imparare quel metodo di orazione. Si sentono incoraggiati in questa impresa da una circostanza particolare. Le nostre città sembrano, negli ultimi tempi, invase dai maestri delle “meditazioni trascendentali” e la loro pratica viene legata alle concezioni cosmiche che turbano l’atteggiamento cristiano verso la Rivelazione. Perchè – si domandano molti – non opporvi una tradizione che è autentica e cristiana e insegna o lascia aperta la strada agli elementi positivi di una meditazione trascendentale? Vi sono anche alcuni devoti che pensano: Il nostro “rosario” cattolico è caduto in desuetudine, perchè abbiamo cercato di insegnare a recitarlo in modo “più intelligente”. Dobbiamo oggi imparare dal “rosario” orientale come restituire ad esso il suo valore specifico di mezzo per “formare il cuore”.

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La traduzione italiana dell’Arte della preghiera ha, in questo contesto, il suo significato. L’igumeno Caritone, è stato monaco nel monastero Valamo, situato su un’isola del Lago Ladoga, tra la Finlandia e la Russia. Ne fu superiore durante il periodo tra le due guerre mondiali, all’epoca in cui Valamo era al di fuori dei confini dell’Unione Sovietica. Vi si conservano le antiche tradizioni di preghiera dei semplici monaci e vi era anche una ricca biblioteca, dove l’igumeno poteva copiare testi degli autori spirituali russi dell’Ottocento, per confermare i suoi insegnamenti. Si tratta quindi di un libro che non è nè originale nè dotto, ma rende testimonianza alla pratica di preghiera di cui parliamo.

Vogliamo prendere un atteggiamento personale riguardo a questo metodo? Cominciamo con l’aspetto che è il suo primario pregio: quando parlano della preghiera, gli autori orientali sottolineano fortemente il suo carattere antropologico. L’uomo intero, con tutte le sue facoltà, con tutta la sua attività conscia e anche con la subcoscienza, con la mente e con il corpo, deve entrare nel dialogo con Dio. L’integralità dell’uomo si esprime con il termine tradizionale “cuore”. Perciò vi è sempre tanta insistenza sul “cuore” nella preghiera, sulle sue intuizioni e desideri, inspirati da Dio: “sentimenti del cuore”.

Un tale atteggiamento integrale esige che vi partecipi anche il corpo. Lo facciamo nella liturgia per mezzo di certi gesti privilegiati, pieni di significato, dato loro non solo dal naturale simbolismo ma anche da un lungo uso comune. E’ del tutto naturale che certi gesti liturgici vengano trasportati spontaneamente anche nella preghiera privata: segni di croce, inchini, prostrazioni, ecc. Ma la vita è ricca di molti altri “gesti”, la respirazione, per esempio, e il battito del cuore. Perchè dovrebbero essere considerati come profani? rendere “sacre” anche queste principali funzioni della vita è uno degli scopi principali del “metodo” esicastico, di cui la Preghiera di Gesù fa parte.

I grandi vantaggi, ma anche i pericoli del metodo sono segnalati anche nell’opera che presentiamo, in forma semplice, ma da parte di esperti. Da parte nostra possiamo forse indicare anche un pericolo speciale a cui è esposto l’uomo “tecnico” di oggi. E’ Stato giustamente notato che il rapporto fondamentale verso la realtà è diverso in Oriente e in Occidente. L’occidentale, qualsiasi evento avvenga, concentra la sua attenzione a scoprire la relazione fra causa e l’effetto: da che causa proviene ciò che succede e che effetto produce. L’atteggiamento degli orientali è diverso; essi portano subito l’interesse sulla “causa esemplare”: ciò che osserviamo, che significa? di quale realtà può essere simbolo?

Non ci sorprendono quindi affatto le domande e le risposte che leggiamo negli scritti recenti sul metodo “fisico” della preghiera. I lettori vengono istruiti nel modo seguente: che effetto psichico produce la respirazione controllata, ecc. Di conseguenza, lo yoga cristiana diventa agli occhi dell’uomo occidentale una specie di esercizio ginnastico adatto per i contemplativi, forse molto utile per l’equilibrio nervoso. Ma il problema dell’esicasmo è diverso. Ciò che dobbiamo avere davanti agli occhi è la preghiera, e questa, per sua natura, vive del simbolismo, e questo simbolismo, nelle sue altezze, raggiunge un valore sacramentale. Perciò alla fine dei tempi tutto il mondo diventerà un unico “tempio”, sacramento della presenza divina. Perchè non cercare di anticipare questo stato?

“Questo – scrive Cassiano – è il fine della vita al quale un monaco deve applicare tutti gli sforzi del suo spirito: arrivare allo stato nel quale si possiede nel corpo mortale una immagine della felicità eterna e si comincia a gustare nel vaso di terra le primizie e caparre di quella gloria e di quella vita che è tutta divina, quale si spera che avremo in cielo”.

THOMAS SPIDLIK